Spilimbergo terra di… itinerario in bicicletta

Spilimbergo terra di… itinerario in bicicletta

Itinerario in bicicletta, da chiesetta a chiesetta

 

Spilimbergo, terra di….

Friuli terra di poeti, lavoratori e santi. Terra di popoli, culture e genti intrecciati fra loro. Passaggio di eserciti, a volte vinti a volte vincitori. Terra di sotans o di rivoltosi. Terra di ” Romea Strata”, di “Iulia Augusta”, di “Via Regia”, strade percorse da viaggiatori, vagabondi, ladruncoli e pellegrini. Passaggio di mercanti, artisti e mestieranti, più o meno validi a volte ciarlatani.
Ma soprattutto terra di devozione, di ex voto, di icone votive, di chiesette dedicate (glesiutis), di capitelli.
E nel tuo girovagare qualche volta a piedi più spesso in bicicletta, ti imbatti in molte di queste strutture, il più delle volte a caso. Molte volte ci passi vicino e non te ne accorgi, a volte invece ti fermi e osservi incuriosito, non con l’occhio dello studioso, dell’artista,dello scalpellino o dello scultore, ma con quello di chi ha piacere di scoprire qualcosa in più: l’occhio della tua curiosità.
E così ti chiedi il perché di tutte queste realtà tanto diverse e variegate, eppure ben conservate, testimonianza di una religiosità un po’… rallentata, ma che è ancora perpetuata e mantenuta nel tempo. Religiosità testimoniata da piccole cose: un affresco ben restaurato, un mazzo di fiori freschi magari di campo, una coroncina del rosario, un cero oramai spento ma collocato in quel luogo da una mano desiderosa di serenità.
E allora si parte con un’idea in testa: collegare tutte queste realtà in un ipotetico tour ad anello, che abbia un inizio e una fine, raccontando fatti, personaggi, “santi e Madonne”, ma anche curiosità e aneddoti simpatici.

Durata: circa 2 ore

Lunghezza: poco meno di 30 km

Dislivello: 117 m

Percorso che dal centro città passa per le frazioni di Spilimbergo; comprende un breve tratto sterrato; vede poche piste ciclabili, ma molti tratti poco trafficati che passano all’interno del centro abitato.

Segui il percorso qui → https://strava.app.link/ib7ckxXQ3ob

 

→ Ma da dove partire, se non da piazza Duomo, il cuore spirituale della nostra Spilimbergo: la CHIESA DI SANTA CECILIA, le cui origini si perdono nel tempo. È la più antica fra le chiese cittadine, antecedente anche alla costruzione del Duomo: l’intitolazione a Cecilia lascia pensare che possa risalire addirittura a prima del Mille. Nel medioevo ospitava anche le riunioni dei capifamiglia, che condividevano (a volte in accordo, a volte in contrasto) con i Signori feudali la gestione del borgo. L’edificio, ristrutturato dopo il terremoto del 1976, è ora utilizzato come luogo per esposizioni e iniziative culturali.

→ Scendiamo ora con attenzione lungo via dell’Ancona, quella che era una volta la strada di accesso dei viandanti al borgo medioevale. E, superata la Porta di Fossale (non c’è più, ma una targa ne indica la posizione), ci imbattiamo nella CHIESETTA DELLA MADONNA DELLA MERCEDE (popolarmente CHIESETTA DELL’ANCONA). L’edificio sovrasta quello che un tempo era il passaggio obbligato per attraversare il Tagliamento, e fungeva da salvezza contro i pericoli del fiume. Fu ricostruita nel 1672 recuperando i materiali di un’altra chiesetta, più dentro al fiume, distrutta da una piena improvvisa. La leggenda racconta che l’immagine della Madonna con Bambino, portata più volte in salvo in Duomo dai paesani, ritornasse per disegno della Provvidenza Divina e venisse ritrovata nel luogo dove ora sorge l’edificio. Veniva normalmente usata come stazione di attesa per quanti aspettavano il traghetto che regolarmente faceva la spola fra le due sponde del fiume. L’attraversata durava circa un’ora e poteva riservare dei rischi a causa della corrente o dei carichi eccessivi o mal dislocati; pertanto non mancava mai una preghiera di ringraziamento. Gli ex voto commissionati dalle persone miracolosamente salvate dal pericolo dell’acqua, oggi conservati in parrocchia, sono la testimonianza di quanto sto raccontando.

→ Proseguiamo ora lungo la strada che porta verso nord sulla sponda destra (via Tagliamento) e, superato il borgo con le case dei gravarôi (gli abitanti della Grava), saliamo lungo la cleva di Baseglia (Via Julia di Baselia) in direzione del centro abitato.
Ci imbattiamo subito sull’ANCONA DELLA PIETÀ. Colpisce, ad uno sguardo attento, la particolarità dell’affresco raffigurato e da poco restaurato: la Madonna ,che porta sulle ginocchia il Cristo deposto dalla croce, appare particolarmente giovane, elegante e con lunghi capelli biondi. Una scena dove l’eleganza lascia il posto al dolore.

→ Non serve risalire in bici, due passi e siamo davanti alla CHIESA DI SANTA CROCE, la chiesa della parrocchia di Baseglia Subito ci appare sulla sua grandiosità il primo San Cristoforo, che un tempo fungeva da “indicazione stradale” per quanti arrivavano dal guado sul Tagliamento. L’edificio sacro conserva all’interno un meraviglioso affresco di Pomponio Amalteo, genero del Pordenone, che ci racconta la storia della Croce: Gesù davanti a Pilato, la salita al Calvario, la crocifissione, la morte, il compianto Cristo morto, la Resurrezione e poi il ritrovamento della croce da parte di Elena, la madre dell’imperatore Costantino..

→ Ora saliamo veramente in bici, sempre direzione nord, lungo via Leonardo Da Vinci e via San Marco e arriviamo “alla chiesa a picco sul fiume”: la CHIESA DI SAN MARCO. Siamo a Gaio ( Gjai ). Locata in splendida posizione, l’armonia del contesto fa di questo sito, assieme alla terrazza di Palazzo di Sopra, uno dei più affascinanti punti panoramici del territorio spilimberghese. Di fronte, in lontananza oltre il fiume, i campanili di Vidulis, Carpacco, Villanova e sullo sfondo la collina con San Daniele. Fanno da cornice la corona delle nostre Alpi Carniche e Giulie con sullo sfondo sua maestà il Canin. Lo sguardo spazia poi su tutta l’alta pianura friulana fino alle ultime propaggini del Carso, che si tuffa in mare nel golfo di Trieste. Qui a Gaio troviamo, in seguito ai lavori di restauro degli anni settanta, sulla facciata che dà a sud, il secondo San Cristoforo, protettore dei viandanti e pellegrini. E quindi ai piedi della chiesa c’era un altro guado. Anche qui un bellissimo portale di Giovanni Antonio Pilacorte, scultore trasferitosi a Spilimbergo dalla Lombardia nel 1400, e all’interno affreschi del “giovane” Pordenone. Cornice alla chiesa, il cimitero del paese, che ci riporta ad antiche usanze, sopravvissute oramai solo nelle località di montagna.

→ Al crocevia di via Oberdan con via San Marco troviamo l’ANCONA DEL TIUSSI detta anche Madonna delle Grazie. Al primo sguardo ci appaiono subito centrali e in bella vista il leone di San Marco, lo stemma degli Spilimbergo, lo stemma dei Trus e quello dei Solimbergo, le famiglie dominanti dell’epoca. All’interno le figure di San Rocco (invocato contro la peste ricorrente in quegli anni) e Santa Caterina di Alessandria (protettrice di arti e mestieri).

→ Ci apprestiamo ora ad attraversare il torrente Cosa, che fortunatamente troviamo in secca e quindi non ci bagniamo i piedi, per raggiungere l’abitato di Vacile . Ci accoglie subito la CHIESA DI SAN LORENZO, una delle chiese del Pordenone. In seguito a lavori di consolidamento e restauro, nel 1981 è stato portato alla luce un ciclo di affreschi eseguiti dal Pordenone allora poco più che ventenne. Ma la nostra curiosità cade sulla statua detta della Madona dai oufs (Madonna delle uova). Si racconta che l’autore dell’opera sia stato pagato dalla parrocchia con le uova raccolte dalle famiglie di Vacile.

→ Percorriamo ora via della Bonifica per dirigerci a Istrago (Distrà) . Ci arriviamo sbucando su piazza Regina Margherita, dove ci appare subito maestosa la CHIESA DI SAN BIAGIO. La chiesa fu rifatta nell’Ottocento e dell’edificio originale non esiste più niente. E qui non abbiamo molto altro da raccontare, se non una curiosità sugli abitanti di Istrago: si racconta che nel XV secolo siano stati tutti scomunicati, in quanto si erano rifiutati di pagare le decime dovute (cioè le tasse ecclesiastiche).

→ Ma un po’ più interessante, in quanto anche qui aleggia il ricordo di un episodio leggendario, su via Giulia angolo via De Rosa, troviamo la CAPPELLA DELLA MADONNA DELLA SALUTE. Fu edificata agli inizi dell’Ottocento per volere della famiglia Zuliani, per ottemperare ad un voto fatto per un figlio in pericolo di vita. Ma si racconta anche della liberazione del paese dal flagello dei bruchi. Alla fine dell’Ottocento, la leggenda narra, che il paese di Istrago fu invaso da bruchi, di cui nessuno conosceva la provenienza. Devastavano campi e orti, entravano nelle case, assalivano le dispense saccheggiando i pochi generi alimentari custoditi. Solo le preghiere rivolte alla Madonna e la sua intercessione, fecero in modo che i bruchi di colpo sparissero senza lasciare traccia.

→ Ci attende ora un lungo trasferimento su via Istrago in direzione Tauriano ( Taurian ). Sulla sinistra, in prossimità del cimitero sorge, sopra un tumulo protostorico risalente all’età del bronzo, la CHIESETTA DI SAN ROCCO. L’ennesima pestilenza diede il via, agli inizi del Cinquecento, alla costruzione di questo edificio. La Confraternita di San Rocco, attiva a Tauriano , acquistò da privati l’area e dedicò la struttura al santo. L’edificio, oltre a funzioni sacre, fungeva sicuramente anche a quelle di ricovero ed assistenza per quanti venivano colpiti dalla pestilenza. Ogni anno il 16 Agosto veniva organizzata una grande festa/mercato con esposizione di mercanzie e commercio di animali, tanto che la zona ancora oggi dagli anziani del paese viene ricordata come “via del Mercato”.

→ La chiesa parrocchiale di Tauriano, dedicata a SAN NICOLO’, si presenta al suo interno ricca di affreschi riapparsi dopo i lavori post terremoto. E qui sulla facciata rivolta a est troviamo il terzo San Cristoforo. Il suo interno meriterebbe sicuramente una sosta più approfondita, se non altro per la qualità e quantità di opere pittoriche presenti organizzate su più livelli ed eseguite con valida maestria da pittori importanti che hanno operato in queste zone.

→ Rimaniamo a Tauriano e all’inizio di via Tesis, la vecchia strada dei guadi, ci appare la CAPPELLA DELLA MADONNA DEL BUON CONSIGLIO (detta anche Ancona di San Cristoforo o popolarmente Anconuta). Certo che questo San Cristoforo non ci lascia in pace e la sua presenza è davvero inquietante!!! Riccamente affrescata, ha una particolarità. Sui muri dell’abside compaiono, in latino, le testimonianze lasciate da pellegrini polacchi che attraversavano queste terre per dirigersi alle università di Padova e Bologna o alle mete spirituali di Roma, Gerusalemme o Santiago di Compostela. Di qui passava infatti la famosa via Regia che, partendo da Cracovia, passava per Vienna e dopo 900 km di cammino arrivava qui, per proseguire poi verso le località sopra nominate. Superato il guado del Tagliamento, in attesa di attraversare Meduna e Cellina, la chiesetta fungeva da luogo di riparo in caso di pioggia, di posto sicuro per passare una notte di riposo, o semplicemente per una attimo di conforto spirituale. Erano viaggiatori bavaresi, polacchi, boemi, ungheresi e sloveni, ma non sempre pellegrini devoti. Talvolta piuttosto vagabondi, ladruncoli, truffatori, studenti o anche pellegrini per conto terzi, che intraprendevano il viaggio dietro pagamento. Le iscrizioni, ancora leggibili, riportano spesso l’origine dell’autore.

→ Siamo ancora a Tauriano ma lasciamo il paese percorrendo via San Giorgio e via Hermada, fino ad arrivare a Barbeano (Barbean ). Ci dirigiamo naturalmente dove? Verso la zona dei guadi e li ci imbattiamo nella CHIESETTA DI SANT’ANTONIO ABATE. Anche qui un guado e anche qui una glesiuta. Dedicata a Sant’Antonio Abate (popolarmente sant Antoni dal purcit) ci riporta alla spiritualità popolare che aveva eletto questo santo come protettore degli animali da cortile. L’effige del santo un tempo la trovavamo appesa alle porte di tutte le stalle dei contadini. Anche questo edificio, riccamente affrescato da Gianfrancesco da Tolmezzo intorno al 1481 su incarico dei signori di Spilimbergo, ci racconta della nascita di Gesù e di un Giudizio universale… a metà, dove mancano le figure dei cattivi, andate perse con il tempo , le intemperie o la mano di qualcuno che mal digeriva la loro presenza.

→ Risaliamo in bicicletta alla volta di Gradisca (Gradiscja). Ci sono due strade possibili: una passa per la borgata di Bussolino, in direzione est; l’altra per Provesano, in direzione sud (in questa seconda opzione merita fare una sosta nel paese, dove sorge la chiesa di San Leonardo, pure questa riccamente affrescata da Gianfrancesco da Tolmezzo).

→ Entrati a Gradisca, in fondo a piazza Gorizia ci appare la CHIESETTA DELLA MADONNA DI FATIMA (anche Regina della pace o popolarmente Madona dal colera). Di nuovo le pestilenze, di nuovo sulla strada del guado, di nuovo ex voto e chiesette votive a chiudere il cerchio. Ancora oggi il 22, 23, 24 luglio la gente di Gradisca si reca in processione in questo luogo a ricordo dell’epidemia di colera particolarmente violenta del 1886. Ma all’epoca era poco più che un’ancona; fu un nuovo ex voto nel pieno della Seconda guerra mondiale a dare il via ai lavori di restauro e ammodernamento della chiesetta attuale.

→ Ci dirigiamo ora verso l’uscita del paese , in direzione della chiesa parrocchiale, e non possiamo non notare sulla destra, sulla parete di un edificio privato, una EDICOLA DEVOZIONALE opera del pittore Gasparo Narvesa, artista spilimberghese del 1500/1600, con San Floriano, protettore contro gli incendi.

→ Dopo uno sguardo furtivo alla chiesa parrocchiale, dislocata in posizione defilata rispetto al paese, sulla direttrice del guado del Cosa, ci attende ora l’ultima fatica: la risalita a Spilimbergo. La facciamo tutta d’un fiato, in quanto vediamo oramai vicina la meta del nostro giro. Anche qui ci sono due strade possibili: quella alta, che passa per borgo Navarons; o quella bassa, che si dirige verso il ponte di Dignano. Nel primo caso, arrivati all’incrocio con via San Giovanni Eremita, prendiamo a destra; nel secondo caso percorriamo intera la salita di via Udine, strada più breve ma un po’ più trafficata (dovrò cercare una alternativa per evitare il traffico automobilistico).


→ In entrambi i casi ci troviamo in prossimità della CAPPELLA DI SAN GIOVANNI EREMITA ( San Zuan Remit )dove gli affreschi raccontano della danza della figlia di Erode, Salomè, che danzò talmente bene da chiedere e ottenere in premio, servita su un vassoio d’argento , la testa mozzata del Giovanni Battista, che evidentemente le stava assai antipatico! In origine la zona era sede di un ospedale, inteso come luogo di ospitalità, sorto sopra ad un antico guado sul Tagliamento. La cappella (che in realtà è nient’altro che l’abside rimasta della vecchia chiesa), ora di proprietà privata, viene aperta ai fedeli per la celebrazione della Santa Messa il giorno della ricorrenza di San Giovanni Battista (la mattina “all’alba” del 24 giugno).

→ È facile ora chiudere il cerchio, perché ci appare verso nord il campanile del nostro DUOMO. Ci arriviamo in un attimo! I lavori iniziarono il 4 ottobre 1284 per volontà di Walterpertoldo II su concessione del vescovo di Concordia. La prima messa fu celebrata il 26 dicembre del 1358 a conclusione dei lavori dell’abside e dell’altare maggiore. Edificio dedicato a Santa Maria con il titolo di ” Maggiore” a celebrare la grandiosità dell’edificio. Ennesimo San Cristoforo sulla facciata nord, e un altro all’interno della chiesa. Ma non mi soffermo molto sui particolari di questa struttura monumentale, la cui descrizione richiederebbe ben più delle pagine sin qui scritte. Lascio a voi l’interesse e la curiosità della scoperta. Entrate in silenzio e fatevi rapire dalla magnificenza e bellezza di questo monumento. Sedetevi un attimo ad assaporare senza commenti la spiritualità del luogo e ne uscirete sicuramente più arricchiti.

Abbiamo così terminato il nostro giro, abbiamo percorso circa 30 km, conosciuto storie, artisti, luoghi un po’ magici e a volte leggendari. Ci siamo riempiti il cuore di spiritualità e siamo stati bene con noi stessi. Lascio a voi ora la voglia di ripercorrere queste strade con la mia stessa curiosità, con l’augurio che possiate magari trovare qualcosa di nuovo non narrato e rientrare anche voi alle vostre case dopo essere stati bene con voi stessi.
Buona strada.

Giorgio Zanet

Foto di Marina Del Col

(Per le notizie, ci si è giovati delle schede prodotte da Claudio Romanzin per il progetto “Pais di rustic amour”)

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